mercoledì 12 giugno 2013

Economia e Sovranità - Incontro con Massimo Fini e Antonino Galloni (Rovereto, 24 maggio 2013)

Il primo dibattito di Alter Festival ha coinvolto Massimo Fini, giornalista e scrittore, e Antonino Galloni, economista e già funzionario del ministero del Tesoro, sulla tematica che ha dato il titolo alla sua prima edizione.
Massimo Fini ha attaccato duramente il modello di sviluppo occidentale, descritto come un meccanismo di crescita continua e paradossale: una crescita infinita che non si concilia con una quantità finita di risorse, un concetto quello di infinito che possiamo trovare in logica ma che non esiste in natura. Tale visione di una produzione potenzialmente senza limiti, ci condiziona e ci rende inevitabilmente schiavi del PIL, condizionando ogni aspetto della nostra vita e omologando tutte le economie e le culture. All’inizio del suo intervento Fini ha citato Friedrich Nietzsche, cercando, almeno nelle sue intenzioni, di compiere un passo in avanti rispetto all’affermazione di questo filosofo di fine 800, secondo cui Dio sarebbe morto. Secondo l’intellettuale,infatti, non solo Dio sarebbe morto, ma anche tutte quelle espressioni che si riconducono a lui, perché ci richiamano al senso d’infinito, e che manifestano in qualche senso un delirio d’onnipotenza dell’uomo, sono inevitabilmente crollate.

La società occidentale contemporanea vive male perché lo squilibrio che sta sperimentando non è solo economico, ma soprattutto esistenziale. La tecnologia e l’economia hanno emarginato le esigenze più importanti della persona, riducendolo a mero consumatore, per di più incattivendolo attraverso uno stimolo continuo e progressivo dell’invidia, un suo sentimento innato, diventata il valore assoluto della società dell’opulenza, e stressandolo con un dinamismo che non fa parte della sua natura umana. La soluzione “impopolare”che Fini individua è la “decrescita”, nella prospettiva concreta dell’autoproduzione, guardando al medioevo come paradigma, in cui l’economia era basata sulla cooperazione tra gli uomini e non sulla competizione sfrenata. Ad esempio, gli statuti delle corporazioni vietavano di distogliere il cliente dal negozio del vicino, e le terre venivano distribuite con un criterio di giustizia, non di efficienza, così che ogni nucleo familiare potesse avere il proprio spazio vitale. L’esempio del medioevo è evidentemente un paradosso, che permette però di porsi delle domande sul percorso che l’umanità ha intrapreso puntando tutto su una visione dell’economia di stampo liberale e utilitaristica e emarginando altre istanze ed esigenze dell’uomo. Fini ha quindi suggerito agli intervenuti di prendere spunto dal passato, ripercorrendo la storia economica senza fossilizzarsi sul modello attuale, che a suo dire si può riassumere in un triste e cinico “lavora, consuma, crepa!”.
Antonino Galloni ha proposto una lettura della realtà più ottimista di quella di Fini, basata sul fatto che negli ultimi anni, specialmente fra le generazioni più giovani, sembra essere cresciuta una maggiore consapevolezza delle criticità dell’attuale sistema economico-sociale; a suo giudizio non si può pretendere di cambiare tale situazione partendo dalle riforme istituzionali, ma si deve iniziare da una svolta culturale fatta propria dai singoli individui e che coinvolga anche le nuove classi dirigenti del paese, anche quelle politiche, che oggi si dimostrano completamente inadeguate.
La proposta dell’economista è quella di volgersi verso un sistema nuovo, che non sia alternativo al capitalismo ma che vada oltre il capitalistico: se Galloni considera la proposta finiana della decrescita felice nefasta, in quanto insostenibile in termini demografici, ritiene invece indispensabile contrastare l’attuale idea dominante di uno sviluppo incondizionato, acritico e quindi irresponsabile. La giustizia sociale si basa sulla centralità dell’uomo e a questa tutto il resto deve essere subordinato, perfino la sovranità monetaria intesa come possibilità di accesso alle migliori tecnologie disponibili da parte di tutti.
Un’altra semplice quanto interessante constatazione espressa da Galloni è stata quella relativa alla presenza di tantissimo “lavoro non remunerato” (come ad esempio l’assistenza agli anziani, ai bambini, ai malati), che andrebbe organizzato e valorizzato in misura maggiore rispetto a quello che attualmente viene fatto. Ciò permetterebbe alla società di offrire nuovi posti di lavoro, da finanziare, attraverso la sovranità monetaria, con strumenti ad hoc, come ad esempio il reddito di cittadinanza. Non possiamo illuderci di pensare che questo possa avvenire diversamente e magari in base alle attuali regole istituzionali monetarie e alle scelte di politica monetaria da sempre attuate in Eurolandia. La crescita economica tornerà in Italia solo ripartendo dallo sviluppo della domanda interna, legata direttamente alla capacità di acquisto degli italiani e alla capacità del sistema di esportare le sue eccedenze. In tale contesto l’Italia dovrebbe avere quale obiettivo-vincolo finale almeno il pareggio della bilancia commerciale, riducendo se necessario le importazioni.
Aperto il dibattito con il pubblico, Galloni si è concentrato su questioni tecniche, dimostrando come in assenza di regole comuni a livello planetario, la decantata concorrenza fra i diversi sistemi economici, premi di fatto il “produttore peggiore”, cioè quello che riesce a pagare di meno la mano d’opera, che fa lavorare i bambini, distrugge l’ambiente e non tutela la salute.



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